lunedì, luglio 24, 2006

Kyashan, la rinascita

Signori, ecco a voi un autentico PACCO.
Venerdì sera, appena atterrato, ho ricevuto un invito ad andare al cinema, ma la Farah mi ha consentito di scegliere cosa vedere. Nella tristezza estiva del programma della Bicocca, attratto dai ricordi di gioventù davanti al cartone animato (il cyborg, il cane robot, la mamma cigno meccanico, l’eroe odiato dall’umanità in quanto non più umano...), ho proposto questo film, sperando di rivivere le emozioni del bambino che ero (e che ancora sono). Per citare i classici, “La sventurata rispose”. (Va bene, Farah. Con questo pareggiamo il famoso risotto con le fragole...).
Il film in realtà non c’entra molto con il cartone, anche se ci sono ogni tanto alcune citazioni: il cane Flender (anche se non è un robot), il casco usato nella serie animata (che viene distrutto nel primo combattimento), i robot dell’armata dei cattivi (cattivi?).
La trama scorre con una lentezza degna dei migliori film russi, ripetendo gli stessi concetti più volte (a volte addirittura nello stesso dialogo), oscillando tra la denuncia dell’inutilità della guerra, la violenza legata alle discriminazioni di ogni tipo, il desiderio di mantenere costantemente in vita la propria amata e il desiderio dei figli di ribellarsi ai genitori per plasmare un mondo nuovo.
La confusione di tutti questi elementi non poteva che essere risolta in un solo modo, ormai classico nella fantascienza giapponese (Akira!?!), una bella mega esplosione purificatrice, che lascia soli i protagonisti di fronte a loro stessi per la resa dei conti finali (con alcune sorprese, che in fondo sono l’unica cosa salvabile di tutto il film, e altre cose così scontate che veniva da urlare), dalla quale non si salva nessuno (vi dico come finisce così vi passa ogni residuo desiderio di andarlo a vedere).
In pratica, due ore e mezzo di noia, con uno stile visivo dove i colori erano spesso così intensi da dare fastidio, alternati a scene sgranate per dare l’impressione delle cose passate.
Lo spettacolo ha iniziato ad essere divertente nell’ultimo quarto d’ora, quando l’incredulità e la sopportazione del pubblico in sala hanno lasciato il posto all’ironia.
L’apoteosi mentre esco e scorrono i titoli di coda.
Un tizio sta rispondendo alle domande delle sue vittime (nella mia testa, ogni gruppo di spettatori ha un colpevole, magari con delle attenuanti, come il sottoscritto, e una o più vittime) che non hanno capito nulla del film, esordendo con “Alla terza volta che l’ho visto, ho finalmente capito che...”. Io mi fermo a guardarlo incantato. Lui se ne accorge e si bulla di ciò con le sue vittime (c’erano fanciulle e quindi bullarsi aiuta il cucco). Io mi avvicino e lui insiste con il bullarsi. “Ma scusa, ma davvero hai visto questa roba TRE VOLTE?!?!?” “Sì, una volta anche in inglese!” “Complimenti! Un bel coraggio!!!!” E me ne sono andato (avrei anche potuto infierire sul fatto dell’inglese o sul fatto che non erano necessarie tre visioni per capire, ma mi sono trattenuto), lasciandolo lì un po’ basito.
Ribadisco, evitate questo film come la peste...

Altri Post sull'argomento



0 commenti:

Template by - Abdul Munir | Daya Earth Blogger Template