lunedì, giugno 05, 2006

Orientarsi nella vita

Come sempre il buon Rebelot riesce a colpirmi con i suoi post. Sottoscrivo quasi al 100% quello che dice. Il mio ultimo weekend conferma che anch'io vivo l'orientamento come un modo di essere.
La culla di Giorgia è stata subito ornata di Lanternino (così magari quando sarà grande sarà più brava dello zio a riconoscere i punti nel bosco) e quando il suo cervello sarà in grado di recepire stimoli diversi da pupù, cibo e ciuccio, inizieranno le lezioni teoriche (sempre che il padre non la travi sulla via del tennis).
Non c'è serata con gli amici in cui l'argomento non salti fuori (che si tratti di gare passate o di gare future poco importa). Visti gli scarsi risultati, poi, la decisione di aumentare l'impegno in fase organizzativa e di pubblicizzazione dell'orientamento è stata immediata (in uno sport completamente basato sulla collaborazione volontaria dei partecipanti a organizzare eventi, questo è fondamentale e chi sono io per potermi tirare indietro?).
Sono anni che non esistono vacanze senza connessa gara di orientamento e se la gara non c'è la si crea.
Poco importa se colleghi, parenti e conoscenti (gli amici no, son praticamente tutti orientisti) ti guardano sempre come un pazzo che si devasta nel weekend quando potrebbe sedersi comodamente in poltrona a guardare la partita.
Rebelot ha ragione, l'orientamento è un modo di vivere. Tutto il resto (lavoro incluso) riempe il tempo che resta.

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