martedì, marzo 27, 2007

Incubi alati

L'unica nota veramente negativa di tutta la vacanza Zanzibarina è costituita dai voli.
Il tour operator (una compagnia che nel nome fa riferimento a un oggetto temutissimo da tutti gli studenti di matematica/geometria) aveva indicato un viaggio diretto Milano-Zanzibar per l'andata e uno scalo a Mombasa per il ritorno. I voli dovevano durare all'incirca una decina di ore.
Poi, il giorno prima della partenza, comunica che qualcosa è cambiato: all'andata ci sarà uno stop a Roma.
"Va bene. Cosa vuoi che sia."
In realtà il viaggio va così.
Al check-in, il biglietto dice "I9-528 Milano-Zanzibar" mentre lo schermo dice "I9-528 Roma-Nairobi" e qualcosa inizia a puzzare. Il buon Sissio, dipendente della compagnia aerea, interpellato per telefono, sentenzia "Eh, Piero. Non ti passa un c...o.".
La partenza è indicata dal terminal 1 di Malpensa, anche se l'aereo parte dal 2 (dieci minuti di pullman). Sosta di un'ora a Roma per imbarcare altra gente (sai com'è il contenimento dei costi...).
Iniziamo ad appisolarci (l'atterraggio a Zanzibar è previsto intorno alle sette di mattina), quando, intorno alle tre, sento emergere dal mondo dei sogni la voce del comandante che ci comunica che "... motivi organizzativi, l'aereo non prosegue verso Zanzibar, ma dovrete salire a bordo di un volo di una compagnia associata." Stupore, mi sveglio completamente (mi viene in mente quando su un volo Orio-Bratislava in ritardo di quattro ore, in una situazione simile, il messaggio era "... outside temperature is sixteen degrees below zero ...").
Inizio a prepararmi per il trasbordo (siamo già in fase di atterraggio). L'assistente di volo comunica che "Dovete ritirare i bagagli ed effettuare un nuovo check-in".
Scendiamo e veniamo portati al desk dei transiti, dove effettuano il nuovo check-in: due signorine (alquanto impedite) scrivono a penna su un foglio il numero di biglietto e rilasciano la carta di imbarco, dopo di che un altro tizio scrive a penna su un altro foglio il codice del talloncino del bagaglio ("Quindi non li dobbiamo ritirare?", "Ma siamo sicuri che ce li imbarcano?").
Il volo Nairobi-Zanzibar scorre abbastanza tranquillo (come mi siedo, cado addormentato e non sento neanche il decollo) con la piacevole visione delle nevi del Kilimangiaro.
L'arrivo a Zanzibar è traumatico. Veniamo assaltati da gente che cerca in tutti i modi di mettere le mani sui nostri bagagli per poter scroccare una mancia (ritiro bagagli, controllo bagagli, consegna bagagli, trasporto bagagli al pulmino per il villaggio). La stanchezza è ormai tale che per liberarmi dell'oppressione, mi scappa fuori una banconota da 20 euri. L'ultimo che ci prova (quello che mi carica i bagagli sul pulmino del villaggio) non becca niente (finite le monete, restavano solo le banconote da 50 euri) e questo mi lascia con l'ansia di non vedere il bagaglio.
Al villaggio, il bagaglio lo troviamo; peccato che alcuni non trovano la camera, perchè non ancora pronta. Ecco, tu prova a dire a uno che è stato in ballo quindici ore, con sorprese continue, che non può farsi una doccia, e ti puoi immaginare lo spettacolo.
Il ritorno, è la fotocopia dell'andata. Salto quindi il grosso e segnalo solo le differenze.
Il check-in a Zanzibar avviene in maniera precisa e ordinata, anche se solo su carta. Per cui a Nairobi si rifà il check-in (sempre con copia manuale del codice del bagaglio). Per fortuna all'uscita dall'aereo mi ero attaccato alle caviglie della tizia che ci portava a spasso per l'aeroporto e ero arrivato primo al tavolo del check-in.
"Please, proceed to gate 14". Andiamo all'uscita 14. Tutto chiuso. Il volo parte tra un po', faccio in tempo ad andare al cesso (dei problemi intestinali parlerò altrove). A metà della seduta "All passengers of Flight I9-529 to Rome, proceed immediately to Gate 12 for boarding." Oh, merda (letteralmente). Interrompo il tutto e mi lancio a raggiungere gli altri, tutti quanti nella confusione.
All'uscita 12 ci fanno immediatamente salire sull'aereo ("Evvai che si parte").
Peccato che il check-in non sia finito, la gente proveniente da destinazioni diverse da Zanzibar non sia ancora arrivata, cinque passeggeri hanno perso il biglietto. Insomma, due ore di attesa sull'aereo. Il comandante, un toscanaccio simpatico, che usa tutte le battute a sua disposizione per calmare gli animi, ma nulla può quando membri della stessa famiglia vengono sistemati ai capi opposti dell'aereo, l'attesa diventa troppo lunga, la gente perde la pazienza.
Com'è, come non è, alla fine si parte.
Sopra il Sahara, vedo movimento nelle prime file, seguito subito dopo dal messaggio "Se tra i signori passeggeri è presente un medico, per favore contatti un assistente di volo.". Nella mia mente si materializza un atterraggio di emergenza a Addis Abeba o Il Cairo, che fortunatamente non è necessario (il medico in questione mi ha poi raccontato che si trattava di una vaccata).
A Roma, cerco di capire a quale terminal atterreremo. Ovviamente le informazioni sono confuse e sbagliate. Atterriamo al 2, ma usciamo all'1, quindi altri dieci minuti di pullman, ma soprattutto un'ora (!) di attesa dei bagagli. I primi che escono hanno l'etichetta FCO ("Cominciamo bene...").
Alla fine arriviamo a casa. Sono le 21.15, sono in piedi dalle 02.00 (tenuto conto del fuso) e mi aspetta anche il passaggio all'ora legale.
Non vedo l'ora di andare in ufficio, così dormo.

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